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Il patto tra il clan e l’imprenditore: “Se fate arrestare il rivale non ci pagate la tangente”

Cinque persone sono state arrestate nel Napoletano con l’accusa di avere simulato di avere subìto un’estorsione per far arrestare un uomo, su indicazione di un clan.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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Avrebbero fatto arrestare un uomo affiliato al clan Palermo-Esposito, fingendo di avere ricevuto da lui richieste estorsive, per favorire il gruppo criminale contrapposto, quello dei Rega-Piacente (attivo tra Brusciano, Mariglianella e Marigliano, in provincia di Napoli), e in cambio avrebbero ottenuto utilità come la promessa di non dover pagare la tangente. Storia sicuramente particolare, quella che arriva dalla provincia di Napoli e che ha portato all'arresto di 5 persone, tra cui il responsabile di un cantiere, indagate a vario titolo di calunnia e corruzione in atti giudiziari, aggravati dalla finalità di aver agito per agevolare un clan di camorra.

Ad ideare la messinscena sarebbe stata la moglie del capoclan, anche lei finita in manette. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è stata eseguita questa mattina, 4 ottobre, da personale della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri; il provvedimento scaturisce dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli, dai carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile di Castello di Cisterna e dai poliziotti del commissariato di Acerra.

Secondo le risultanze investigative l'idea era partita dalla moglie del capoclan, per togliere dalla circolazione uno dei pochi componenti del clan Palermo-Esposito rimasti in libertà e in questo modo indebolire l'organizzazione criminale rivale. Personaggi legati ai Rega-Piacente, quindi, avevano contattato il responsabile dei lavori e gli avevano prospettato l'accordo: avrebbe dovuto far arrestare il rivale per estorsione e, in cambio, avrebbe ottenuto anche l'esonero dall'obbligo di pagare la tangente. Così era partita la denuncia contro l'uomo, accusato di essersi presentato più volte nel cantiere di Mariglianella a nome dei Palermo-Esposito, di avere chiesto il pizzo e di averlo anche ritirato. La simulazione era riuscita: era scattato l'arresto con l'aggravante del metodo mafioso.

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